La simulazione di un credito Iva inesistente

La sentenza numero 45730 della Corte di Cassazione ha avuto una importanza notevole per quel che concerne i reati fiscali: in effetti, come hanno stabilito i giudici di Piazza Cavour, il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte deve essere considerato come un reato di pericolo e non di danno, visto che non deve sussistere alcuna procedura di riscossione. Nello specifico, gli “ermellini” si sono dovuti occupare di una simulazione di un credito Iva verificatasi prima che iniziasse la riscossione vera e propria. Anche tre mesi fa vi fu una pronuncia dagli stessi toni, visto che si stabilì che l’amicizia non giustifica la sottrazione fiscale fraudolenta.

L’amicizia non giustifica la sottrazione fiscale fraudolenta

La Corte di Cassazione è tornata a occuparsi di questioni fiscali, più precisamente di un reato di cui non si sente parlare molto spesso, quello che prevede la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: in pratica, esso è previsto espressamente dall’undicesimo articolo del Decreto legislativo 74 del 2000 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”) ed è riassumibile nella simulazione dell’alienazione di un immobile da parte del contribuente subito dopo aver ricevuto la notifica di una cartella di pagamento.

Cassazione: il commercialista non esonera dall’omessa dichiarazione

Il fatto che un determinato contribuente si avvalga di un professionista come il commercialista per i propri adempimenti fiscali non lo esime certo dalle proprie responsabilità nel caso di una omessa dichiarazione dei redditi o dell’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva): è questa la conclusione che è stato possibile ricavare da una delle ultime sentenze della Corte di Cassazione, la quale risale ormai a più di una settimana fa. La pronuncia dei giudici di Piazza Cavour si è resa necessaria a causa dell’impugnazione da parte dello stesso soggetto contro un’altra sentenza, vale a dire quella della Corte di Appello di Roma. Nel dettaglio, questa persona era stata condannata per l’omessa dichiarazione dell’Iva nel 2002 e nel 2003, nel rispetto del dettato del Decreto legislativo 74 del 2000 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”).