Condono fiscale per le rinnovabili: favorevoli o contrari?

Accennata e poi ritrattata, auspicata e poi diniegata. La vita del condono fiscale per le rinnovabili non è stata (o non sarà) molto semplice. A partorire l’idea era stato infatti il ministro delle Politiche Agricole Saverio Romani, che aveva ipotizzato l’introduzione di un “condono soft” per le irregolarità fiscali legale alla realizzazione e all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica pulita.

 

Stando a quanto si è avuto modo di leggere a mezzo stampa, la proposta di Romani prevedeva un condono fiscale con sanatoria amministrativa e penale, con copertura e cancellazione di quegli illeciti che fossero relativi non solamente all’ambito amministrativo, quanto anche in relazione ai reati edilizi a causa della violazione delle normative paesaggistiche e ambientali.

Controlli fiscali, al via quelli sul condono 2002

Sono finalmente partiti i controlli dell’Agenzia delle Entrate sui contribuenti che avevano aderito a suo tempo (2002) al condono fiscale, e non sono in regola con le rate concordate nello stesso. Controlli preannunciati da tempo, e che dovrebbero permettere al governo di poter rispettare almeno in buona parte le proprie stime relative alle entrate ottenibili mediante il rispetto di quanto stabilito nel “lontano” condono 2002.

Più precisamente, l’obiettivo del governo è quello di recuperare circa 4 miliardi di euro dalla riscossione forzata delle rate che non sono state correttamente versate dai contribuenti che si erano impegnati, attraverso il condono fiscale sull’imposta sul valore aggiunto datata 2002, a procedere nel pagamento rateale delle imposte evase .

Condono fiscale, parere contrario da parte di Bankitalia

Il condono fiscale non piace a Bankitalia, poiché alimenterebbe la sensazione che “la giustizia fiscale non è uguale per tutti”. Pertanto, secondo quanto sostengono il capo del servizio rapporti fiscali (Vieri Ceriani) e il direttore per la ricerca economica della Banca d’Italia (Daniele Franco), il condono fiscale non sarebbe altro che uno strumento per incentivare involontariamente i contribuenti a dar seguito a operazioni di evasione delle tasse.

“Ogni misura che accresce la sensazione che la giustizia fiscale non sia uguale per tutti” – affermano Ceriani e Franco in un documento depositato nella commissione Finanze del Senato – “alimenta la diffidenza del contribuente e l’incentivo a ricercare soluzioni individuali per minimizzare il contributo alle finanze pubbliche. […] Questo tipo di ingiustizia fiscale viene associata a qualsiasi tipo di amnistia fiscale, per quanto onerosa e motivata”.