Mentre in Italia ancora si discutono eventuali integrazioni alla bozza che permetterà di poter tassare i capitali detenuti in Svizzera, una linea guida in materia è offerta senza dubbio dagli esempi di Germania e Regno Unito, che con il Paese elvetico hanno già stipulato dei Trattati ad hoc per disciplinare la materia.
Entrambi i Trattati entreranno in vigore a partire dal 2013, consentendo in tal modo ai Parlamenti locali di ratificare gli accordi. Sostanzialmente simili i contenuti, visto e considerato che sia i redditi finanziari degli investitori tedeschi, sia i redditi finanziari degli investitori inglesi, che detengono patrimoni non dichiarati in Svizzera, saranno assoggettata a una ritenuta alla fonte da parte delle stesse banche svizzere. Solamente per il primo anno, verrà inoltre applicata una ritenuta una tantum sui patrimoni. L’alternativa è di indubbia convenienza: l’investitore potrà denunciare sé stesso mediante autodichiarazione, confermando quali redditi sono stati prodotti grazie ai capitali investiti in Svizzera, ed evitando così delle sanzioni più pesanti.
Per quanto concerne l’imposta sulle rendite, questa è pari al 26,375% per i redditi degli investitori tedeschi, con aliquota unica. Per quanto invece concerne i cittadini britannici, l’aliquota è del 27% sui redditi di capitale, del 40% sui redditi da dividendo, e del 48% sui redditi da interessi. L’imposta una tantum, per sanare il passato, sarà pari a una forbice compresa tra il 19% e il 34% per i cittadini investitori tedeschi (a seconda dell’importo e del periodo) e fino al 34% – con una media del 20 – 25% – per i cittadini britannici.
Inoltre, la Svizzera si è impegnata a rispondere a un massimo di 999 domande da parte della autorità tedesche su propri cittadini, mentre nei confronti della Gran Bretagna, il numero di domande è pari a 500 per i primi due anni.
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