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Pressione fiscale, come ridurla?

All’interno della legge di Stabilità sembra emergere chiaramente un disegno di politica economica e sociale probabilmente finalizzato ad accompagnare per il resto della legislatura.

Un disegno che fa leva su crescita, lavoro, investimenti, meno disagio, più merito: questi i grandi obiettivi che figurano nei sotto-titoli del provvedimento governativo. Tra gli obiettivi più rilevanti è impossibile non menzionare la riduzione della pressione fiscale e la razionalizzazione della spesa pubblica: questi invece i due principali strumenti.

Si tratta di una combinazione mezzi-fini che ha indubbiamente una sua logica. Nel coacervo di misure contenute nel testo è però molto difficile trovare un filo rosso. La riduzione delle imposte non è controbilanciata da adeguati tagli di spesa, poggia su misure una tantum (come la cosiddetta voluntary disclosure) e sulla maggiore flessibilità concessa dalla Ue in termini di deficit. Al fine di avere successo, la strategia del governo dovrebbe invece poggiare su misure strutturali, stabili nel tempo, ispirate da criteri trasparenti di efficienza e di equità.

Sostengono gli esperti:

Se si indica la riduzione della pressione fiscale come prima «misura per la crescita», il taglio di imposte e contributi dovrebbe essere molto significativo, oltre che ben calibrato in termini di base imponibile. Dati i vincoli di bilancio, una semplice «razionalizzazione» della spesa (ammesso e non concesso che si riesca a realizzarla) non potrà mai bastare. Teniamo presente che l’invecchiamento demografico continuerà ad esercitare forti pressioni espansive sulle componenti sociali del nostro bilancio pubblico. Alcune risorse potranno (dovranno) arrivare dalla lotta all’evasione e agli sprechi. Ma per finanziare un taglio davvero importante delle imposte serviranno ulteriori riforme restrittive. Bisogna essere chiari su questo punto, sennò è meglio lasciar perdere. Certo, non si può ridurre la protezione alle fasce più bisognose. Anzi su questo fronte la protezione andrà irrobustita se davvero si vuole alleviare il «disagio», come nei piani del governo. L’interlocutore dello scambio «meno tasse, meno spesa» può essere soltanto la classe media, soprattutto le fasce di reddito medio-alte.

Le alternative sono limitate: versare meno tasse, ma pagare di più i servizi pubblici che si utilizzano (come nel Nord Europa) o esserne esclusi (come in Germania o Olanda per quanto riguarda la sanità, ad esempio).

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