L’operazione di abolizione della Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, prevista e confermata per la prossima legge di Stabilità sarà estesa anche a circa quarantacinque mila abitazioni di prestigio, dalle ville alle abitazioni signorili, dai castelli alle dimore storiche.
La conferma giunge dall’audizione, tenutasi due giorni fa dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti in Parlamento, presso la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale.
L’interventoallo stato attuale, dovrebbe riguardare sia la Tasi che l’Imu e, dunque, la generalità degli immobili aventi i requisiti per essere considerati abitazione principale.
Non si faranno eccezioni di sorta in ragione del loro classamento catastale o di altri parametri. La parola chiave è appunto “classamento”. In altri termini, “senza eccezioni per il classamento catastale” significa che le abitazioni catalogate come A1 (appartamenti signorili), A8 (ville di pregio) e A9 (castelli e dimore storiche), utilizzate come prima casa, e fino ad oggi tenute al pagamento dell’Imu (oltre che della Tasi dove i Comuni lo avessero deciso), non verseranno più nulla.
Si tratta di una porzione importante, almeno sul piano qualitativo, del patrimonio abitativo, destinate agli “happy few”: circa 40-45 mila abitazioni, pari allo 0,3 per cento delle circa 20 milioni di case degli italiani, ma che – come è di tutta evidenza – sono riguardanti situazioni patrimoniali assai agiate e, forse, in grado di pagare regolarmente e senza affanno.
La vicenda delle abitazioni di prestigio attraversa sottotraccia tutta la storia della tassa sulla casa e vale la pena riavvolgere il nastro. Dopo la stangata del governo Monti che nel 2012 introdusse l’Imu e alzò i moltiplicatori delle rendite, arrivò il governo Letta che decise di alleggerire il peso della tassa. Ci fu una sostanziale cancellazione nel corso del 2013 quando si pagò soltanto la mini-Imu il cui gettito fu circoscritto a 478 milioni, successivamente, alla fine del 2013, si decise di cambiare sistema.