I dati della lista Falciani possono essere usati nell’accertamento tributario in quanto l’amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione fiscale può usufruire di qualsiasi elemento con valore indiziario, con la sola esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o siano stati acquisiti in violazione di un diritto del contribuente.

È questo il principio affermato dalla Corte di cassazione, con le ordinanze 8605 e 8606 depositate ieri, con le quali, in tempi brevissimi, viene risolta la questione dell’utilizzabilità delle informazioni estere a favore del fisco.

La vicenda affrontata riguarda la “lista Falciani”: un elenco sottratto da un ex dipendente a una banca svizzera contenente i nominativi di presunti correntisti esteri e presunti evasori (tra cui circa 7mila contribuenti italiani).

Sequestrato dalle autorità francesi e trasmesso alle autorità fiscali europee in ottemperanza alla direttiva 77/799/ Cee, l’elenco è giunto a maggio 2010 alla GdF e, di conseguenza, all’agenzia delle Entrate. Da qui sono seguiti controlli, accertamenti e relativi processi penali e tributari.

In questi anni le commissioni di merito si sono espresse ora a favore, ora contro l’utilizzabilità.

La tesi favorevole al contribuente, fatta proprio anche dalle due pronunce della Ctr Lombardia oggetto delle ordinanze della Cassazione, si basava sull’illegittimità dell’acquisizione documentale in quanto le informazioni provenivano da reati perpetrati dall’ex dipendente (accesso abusivo a un sistema informatico, appropriazione indebita di dati personali eccetera).

Infatti, non erano mancate in Italia pronunce dei giudici penali di distruzione delle liste; in Francia, sia la Corte d’Appello di Parigi (sentenza 8 febbraio 2011), sia la Corte di cassazione (sentenza 11-13097 del 2013) avevano ritenuto illegittime le modalità attraverso cui le autorità fiscali erano venute in possesso della lista, negandone l’utilizzabilità ai fini accertativi.