In questi giorni si fa un gran parlare dell’imposta municipale unica (Imu) e della possibilità di revisionare in maniera più o meno significativa il suo approccio con i contribuenti consumatori e imprenditori. Ma quanto costa andare a sospendere o eliminare l’imposta municipale unica? Siamo proprio sicuri che si tratti di un intervento sostenibile? Andiamo a saperne di più sul possibile impatto di tutti gli interventi ancora allo studio del governo Letta.

Partiamo con la prima casa, elemento fondamentale dell’intero dibattito Imu. A giugno non vi sarà alcun pagamento dell’imposta: ciò non significa, tuttavia, che l’imposta sarà eliminata del tutto (allo stato attuale delle cose, la sospensione genera la proroga dell’acconto a settembre). Qualora l’esecutivo volesse eliminare tale balzello, dovrebbe trovare la ben nota copertura di 2 miliardi di euro.

Più modesto è invece l’impatto della revisione dell’Imu sui terreni e sui fabbricati agricoli. La normativa attuale già esclude dall’imposta i terreni situati in comuni collinari e montani, oltre a quelli incolti. Eliminare del tutto l’Imu su tale novero costerebbe intorno ai 346 milioni di euro. Per quanto invece riguarda le case popolari, è noto che gli immobili degli istituti autonomi case popolari pagano l’imposta ad aliquota piena, dal momento che il residente non coincide con il proprietario e pertanto non è applicabile la disciplina sulle prime case. Per queste case è solo prevista la detrazione di 200 euro (vedi anche eliminazione Imu prima casa, quanto risparmiano le famiglie).

Il vero problema è poi rappresentato dall’Imu per le imprese. Evitare il previsto aumento della base imponibile su cui si calcola l’imposta sui capannoni costerebbe infatti 400 milioni di euro. A ciò si aggiunga, però, il fatto che il gettito dell’Imu sulle imprese si aggira intorno ai 6 miliardi di euro, e che è ben difficile andare a impattare in maniera incisiva su un bottino così saliente…