Il testo del regolamento per armonizzare i requisiti minimi di accesso alla pensione del personale del settore difesa-sicurezza non è stato adottato, nonostante le premesse sembrassero buone: si trattava di una novità interessante per moltissimi soggetti, compresi i vigili del fuoco, il soccorso pubblico e altro personale iscritto all’Inps. Il governo aveva adottato il provvedimento in via preliminare lo scorso mese di ottobre, ma poi non si è fatto più nulla, cedendo a quelle che sono state le richieste da parte del Pdl. Come è stato spiegato, le Camere sono sciolte e lo stesso esecutivo è dimissionario, quindi si è preferito discutere di un argomento tanto delicato dopo che saranno terminate le prossime elezioni.
La procedura risulta di fatto bloccata. Che cosa era previsto nello specifico? La misura più interessante riguardava senza dubbio l’aumento generalizzato dei requisiti di età per la pensione, con una apposita diluizione nel corso del tempo (vedi anche L’aumento della speranza di vita per il personale della sicurezza). Il comparto difesa-sicurezza riguarda soprattutto Esercito, Marina ed Aeronautica: per loro si parlava di andare in pensione di vecchiaia con un’attesa aggiuntiva di quindici mesi in più, senza intaccare comunque i venti anni minimi di contributi.
Il sistema in questione sarebbe durato fino al 31 dicembre del 2015, poi sarebbe scattato l’aumento di età fino al 2017 (sempre l’ultimo giorno dell’anno). L’ultimo incremento era poi fissato a partire dal 1° gennaio del 2018. Altre misure interessanti avevano riguardato la pensione di anzianità. In effetti, i requisiti possibili erano sostanzialmente due, vale a dire età e contributi o solamente questi ultimi. Tra l’altro, nel caso di specie si parlava persino di penalizzazioni per quegli anticipi di pensionamento ritenuti eccessivi. Per il momento ci si è limitati a ricordare che i settori coinvolti meritano la massima considerazione ai fini previdenziali, la speranza è che il prossimo governo non si impantani sull’argomento.