Le patate che vengono fritte prima di essere surgelate per poi essere messe in commercio scontano l’Imposta sul Valore Aggiunto più bassa, vale a dire quella che prevede l’aliquota pari al 4%: come ha stabilito in maniera inequivocabile la risoluzione 92/E che la nostra amministrazione finanziaria ha provveduto a pubblicare ieri, infatti, si tratta di un prodotto che è composto soltanto dalle patate e dall’olio, di conseguenza può entrare a far parte di un novero ben preciso, quello degli “ortaggi e piante mangerecce, anche cotti, congelati”. Si tratta di una di quelle classificazioni previste dal Dpr 633 del 1972 (il cosiddetto Decreto Iva per l’appunto) che prevede l’aliquota Iva ridotta.
Questo vuol dire che l’applicazione fiscale è la stessa, ad esempio, di determinate barriere architettoniche, quando si applica l’Iva ridotta. Lo stesso discorso vale anche per l’arte libraria e la relativa pubblicazione. I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate non sono di poco conto, anche perché erano passati ben otto anni dall’ultima pronuncia con cui si erano stabiliti i dettagli dell’imposizione tributaria: un interpello del 2004, infatti, aveva precisato come le patate prefritte e alle spezie dovessero scontare l’Iva al 10%, a causa della presenza di diversi condimenti.
La risoluzione di ieri ha spazzato via gli ultimi dubbi che ancora persistevano, alla luce di un importante parere tecnico che è stato appositamente rilasciato dall’Agenzia delle Dogane alla società che ha avanzato l’istanza. Aromi e spezi non sono presenti nelle semplici patate surgelate, come anche ingredienti diversi dal tubero stesso e dall’olio d’oliva utile per la frittura. L’elenco di riferimento sarà quello previsto dalla voce numero sei, parte seconda, della tabella A del decreto presidenziale che si è citato in precedenza. Le Entrate sperano di non dover incontrare altre perplessità da questo punto di vista, d’altronde la risoluzione a cui si sta facendo riferimento è davvero molto precisa e non lascia spazio a dubbi.