Quando si sfrutta la rivalsa dell’Imposta sul Valore Aggiunto, si fa affidamento su un obbligo molto importante e che non può beneficiare di alcun tipo di deroga, in particolare quelle che vengono poste in essere con un diverso accordo tra le parti: di conseguenza, quando ci si chiede se sia possibile evitare la rivalsa di tale addebito fiscale mediante un apposito patto tra il soggetto cedente e quello cessionario, bisogna subito ricordare che un eventuale accordo contrario sarebbe considerato nullo. Dopo aver ricordato che in caso di detrazione indebita dell’Iva, il diritto va sempre dimostrato, c’è anche da dire che il soggetto che cede beni o presta servizi imponibili ai fini fiscali deve necessariamente addebitare l’imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario oppure al committente.
Nello specifico, questa fattispecie ha senso in tre distinti casi. Anzitutto, l’obbligo di rivalsa subentra nel momento in cui vi sono delle cessioni a titoli gratuito di beni, più precisamente quando sono considerate imponibili dalla legge. In aggiunta, lo stesso discorso deve essere fatto anche per la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore e del professionista; in questo caso, bisogna aggiungere tutte le altre finalità che non hanno nulla a che fare con l’impresa e con l’esercizio dell’arte e della professione.
Il terzo scenario è quello che prevede le prestazioni di servizi che rappresentano un vero e proprio autoconsumo. Se, poi, le operazioni non includono la prescrizione dell’emissione della fattura, sia il prezzo che il corrispettivo vanno considerati come parte integrante dell’imposta stessa. Inoltre, qualora la fattura in questione venga emessa su richiesta del cliente, allora il prezzo va diminuito necessariamente della percentuale prevista dal legislatore. Infine, c’è anche da dire che il credito di rivalsa speciale sugli immobili da cedere viene privilegiato rispetto agli altri beni mobili del soggetto debitore, come stabilito dall’articolo 2752 del codice civile.