Il nome con cui è meglio nota è bizzarro, ma rende bene l’idea: si tratta della tassa sulle disgrazie, il balzello che potrebbe a breve tornare di attualità e rendere sempre meno convenienti le tariffe dei carburanti italiani. Questa imposta deve il suo nome al fatto che essa viene applicata nel caso di dichiarazioni di stati di emergenza, come ad esempio in caso di alluvioni o terremoti. La disgrazia vera e propria, però, sarà stavolta quella delle tasche dei contribuenti. In effetti, il denaro che viene raccolto in questa maniera va a confluire in un apposito fondo destinato alla Protezione Civile e si accumula grazie a opportuni ritocchi alle accise della benzina. Tra l’altro, bisogna sottolineare come queste ultime siano già la parte preponderante dei prezzi dei carburanti (circa il 60%), tanto che ormai si sfiorano i due euro al litro nel caso della benzina verde e un euro per il Gpl.
L’obiettivo è quello di rispolverare il tributo in relazione alle nevicate che hanno colpito gran parte del nostro paese lo scorso mese di febbraio, una calamità che ora costerà carissima. Eppure, giusto due settimane fa proprio la Camera e il Senato avevano deciso di cancellare una misura del genere, anche se poi ci si era accorti che la sua assenza provocava solamente dei problemi di copertura finanziaria.
Il meccanismo di aumento delle accise locali (si sta parlando di livello regionale) sarà automatico e interverrà ogni volta che sarà necessario utilizzare le risorse del fondo menzionato in precedenza. Il voto definitivo è atteso proprio per oggi, con il provvedimento che dovrebbe essere inserito all’interno del decreto sulle semplificazioni fiscali: la nascita della tassa sulle disgrazie si deve, in particolare, all’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il quale la introdusse un anno fa con gli stessi identici obiettivi, anche se ora come non mai il dibattito sugli alti costi della benzina rischia di incendiarsi.