Anche per l’anno in corso è stata confermata l’aliquota base dell’1 per mille e la massima del 2,5 per mille in relazione al pagamento della Tasi.
I comuni hanno sia la facoltà di azzerare l’aliquota sia quella di inserire un’eventuale maggiorazione, entro il tetto massimo di otto punti. In ogni caso la somma di Imu e Tasi non può superare per ciascun immobile l’aliquota massima Imu prevista per legge, ossia il 10,6 per mille, per cui con la maggiorazione il peso di Imu e Tasi sullo stesso immobile può raggiungere al massimo l’11,4 per mille. Per la Tasi la legge ha lasciato ai comuni la possibilità di configurare le agevolazioni per la prima casa, lasciando anche liberi gli enti locali di scegliere le modalità ritenute più opportune. C’è, quindi, chi le ha legate al reddito ISEE dei proprietari, chi alla rendita catastale, chi al numero dei figli o all’ubicazione dell’immobile.
Nel momento in cui un immobile è dato in locazione o in comodato, invece, la legge statuisce che una quota della Tasi sia dovuta da chi abita nell’appartamento, a patto che il contratto abbia una durata di più di sei mesi nel corso dell’anno. La quota dovuta dall’inquino varia tra il 10 e il 30 per cento e viene stabilita dal comune. Se l’immobile è in comodato ai familiari e assimilato a prima casa, però, il versamento della Tasi è a carico del proprietario e non dei familiari. In ogni caso proprietario e occupante sono responsabili ciascuno per la propria quota e non esiste alcuna forma di solidarietà. Di conseguenza se l’inquilino non paga non può essere chiesto nulla al proprietario e viceversa. Le regole si applicano anche per gli immobili diversi da quelli per uso abitativo.