Il Fisco misura le liti tributarie al fine di decidere quando fermarsi e quando continuare. Si tratta di un vero e proprio rating ricevuto in virtù di un sistema che calcola la sostenibilità della controversia sulla scia soprattutto degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Esistono numerosi casi in cui le Entrate indicano già agli uffici territoriali di non proseguire. Dagli accertamenti sugli studi di settore in cui non è stato effettuato il contraddittorio preventivo con il contribuente al disconoscimento dei costi black list non indicati separatamente in Unico per i periodi d’imposta precedenti al 2007.
Si va dal rifiuto del rimborso Irap ad agenti di commercio, promotori finanziari e medici convenzionati con il Sesn senza autonoma organizzazione, al recupero delle imposte sulle disposizioni patrimoniali ai figli in seguito ad accordi di separazione e divorzio. Questi sono alcuni dei casi in cui gli uffici sono chiamati a non proseguire la controversia.
Gli esperti aggiungono:
E’ la Cassazione a rappresentare il faro per la navigazione in un tema caldissimo per imprese e professionisti come l’abuso del diritto, su cui la mancata approvazione della delega fiscale non ha consentito di arrivare a una regolamentazione. Più in generale, la strategia seguita sembra dare risultati soddisfacenti in termini di vittoria davanti ai giudici. «Fatto pari a 100 il totale degli esiti favorevoli e sfavorevoli (al netto, quindi, delle altre pronunce), le decisioni favorevoli alle Entrate – illustra Busa al Sole 24 Ore – superano quelle a favore del contribuente in primo grado dell’8,2 % (54,1 contro 45,9), in secondo grado del 6% (53 contro 47) e in Cassazione del 42% (71 contro 29).