Continuano i divergenti pronunciamenti della giurisprudenza in tema di contrasto ai comportamenti illeciti in edilizia.
Dopo l’obbligo della regolarizzazione delle case fantasma e la sentenza con cui si è ritenuto tassabile il terreno agricolo se edificabile di fatto, ad entrare nuovamente nel merito della questione è la sentenza n. 1598 della terza sezione della Cassazione, in cui i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto non sufficiente il rogito notarile per provare l’acquisto in buona fede di una casa abusiva.
Con la pronunzia dottrinale, gli Ermellini hanno sconfessato la sentenza di secondo grado di assoluzione di un contribuente accusato di lottizzazione fraudolenta, rigettando la tesi di sussistenza della sola controfirma notarile all’atto di vendita di un immobile abusivo, quale prova dell’estraneità dell’acquirente alla violazione delle norme urbanistiche.
Secondo la Suprema Corte infatti, la convalida del rogito davanti al pubblico ufficiale non può essere ritenuta sufficiente per escludere a priori il dolo del cessionario nella inadempienza al piano regolatore generale vigente nella zona di edificazione, potendo configurarsi anche in capo allo stesso notaio condotte elusive o quanto meno compiacenti, in alterazione della normale diligenza professionale media, espressamente richiamata dal giudizio e dalle regole di condotta dei Protocolli dell’attività notarile alla Regola n. 13
Per provare la buona fede del negozio giuridico altresì, sostiene la Corte di Cassazione nelle motivazioni alla sentenza di accoglimento del ricorso della Procura, occorre dal un lato, la scrupolosa verifica da parte dello studio notarile della documentazione allegata all’atto da convalidare, comprese le autorizzazioni amministrative del caso e dall’altro, il controllo da parte del cliente\acquirente dell’operato del professionista incaricato, non potendo appunto esulare da eventuali omissioni, seppur colpose o prodotte in carenza di dolo, in ossequio del principio secondo cui la legge non ammette alcuna ignoranza.