La Sicilia ha avviato la procedura di eliminazione delle province (al loro posto, dei consorzi tra Comuni). In altre parti d’Italia le idee di tagliare questi enti territoriali si stanno facendo giorno dopo giorno sempre più insistenti. Ma quanto andremmo a risparmiare eliminando o riducendo le province? E siamo sicuri che sia così semplice cancellarle?
Iniziamo con il ricordare che il governo Monti aveva compiuto il primo passo nei confronti di una riduzione delle province, andando fondamentalmente a programmare un risparmio di 370,5 milioni di euro, elevabile potenzialmente a 535 milioni di euro in caso di eliminazione di quelle più grandi, con una platea superiore a 2 milioni di abitanti. La procedura di razionalizzazione delle province si è tuttavia arenata con prevedibile facilità, e non è detto come e quando potrà essere ripresa.
Eppure, i benefici ci sarebbero, e sarebbero localizzati soprattutto laddove il governo Monti aveva ritenuto di attribuire la maggiore focalizzazione. Basti considerare che i costi di produzione di servizi si contraddistinguono per cifre molto più elevate in quei territori meno abitati, con lo stanziamento pro-capite per l’arma dei Carabinieri che è per esempio pari a 164 euro in Sardegna, a 176 euro in Molise e a 150 euro in Calabria, contro i 59 euro della Lombardia o i 69 euro del Veneto. Un taglio di qualche decina di milioni di euro per regione (tanto sarebbe il risparmio con la cancellazione delle province) condurrebbe certamente a una gradita ripartizione delle risorse liberate (tante volte abbiamo parlato di razionalizzazione delle spese pubbliche: qui un nostro approfondimento sulla spending review delle auto blu).
Non mancano tuttavia le buone notizie, almeno parziali. Il percorso di contenimento della spesa pubblica è infatti stato avviato, e dovrebbe continuare e accelerare anche nel corso dei prossimi anni. Intanto, i dati ufficiali ci ricordano che dal 2008 al 2012 la spesa pubblica totale è calata del 3,8 per cento (al netto degli interessi).