Nel caso in cui degli scavi diano luogo a materiali di qualificazione complicata, allora bisogna affrontare anche discorsi di tipo fiscale: in effetti, i tipici esempi in questo senso sono quelli delle terre e delle rocce che derivano proprio da tali lavori. Non è un caso, quindi, che la Corte di Cassazione si sia trovata ad affrontare un caso relativo all’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti solidi. Non si tratta semplicemente di avere a che fare con una autorizzazione unica ambientale. In effetti, i giudici di Piazza Cavour ha affrontato una discussione molto ampia.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, con il termine “discariche” vanno indicati i siti in cui il materiale di scavo viene ammassato in via provvisoria, ma anche quelli in cui si riscontrano dei rifiuti ben precisi, vale a dire i materiali provenienti dagli scavi all’interno di gallerie. Le disposizioni finora adottate hanno fatto sì che non vi fosse un collegamento immediato tra l’istituzione di questa tassa e le attività che sono legate allo smaltimento dei rifiuti, a causa principalmente del fatto che il tributo speciale viene generato attraverso il semplice deposito in discarica dei rifiuti solidi.
In realtà, nonostante l’imposta in questione non possa essere ricollegato al sostenimento dei costi e delle spese per gestire lo smaltimento, sono state necessarie delle precisazioni da parte degli “ermellini”. La nuova e recente sentenza ha cercato di capire in che modo aveva giudicato la giurisprudenza di legittimità; ad esempio, giusto un anno fa la stessa Cassazione aveva stabilito come le rocce da scavo estratte nel 1998 e nel 1999 dovessero essere escluse dalla moratoria stabilita dal Decreto legge 355 del 2003 (“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”). La nuova imposta sui rifiuti con la manovra Salva Italia è qualcosa di recente, ma stavolta si è optato per non considerare rocce e terre come rifiuti, esentandoli quindi dal tributo speciale.