Con una serie di sentenze, negli ultimi mesi, la Corte di Cassazione ha contribuito a chiarire numerosi equivoci in materia di detrazione dell’IVA sulle importazioni. Cerchiamo di riprendere i principali passaggi, illustrati negli ultimi giorni dal quotidiano Italia Oggi, illustrando quali siano i più importanti requisiti per poter portare in detrazione l’imposta sul valore aggiunto sulle attività di importazione, affrontando altresì le questioni legate al ritardato versamento, alle sanzioni e al rimborso dell’eccedenza.
Partiamo dall’ipotesi di IVA assolta e non pagata. Con la pronuncia del 29 marzo 2012, C-414/10, la Corte ha infatti stabilito che la detrazione dell’Iva dovuta sull’importazione di merci da parte dello stesso soggetto che è titolare del diritto alla detrazione non può essere subordinata alla circostanza che sia stata effettivamente pagata. La Corte ha infatti affermato che la direttiva prevede che i soggetti passivi possano detrarre l’IVA dovuta o assolta sui beni e sui servizi acquistati o importati, ammettendo pertanto esplicitamente il termine “dovuta”.
Per quanto riguarda il ritardato versamento, la pronuncia C-284/11 del 12 luglio 2012 la Corte ha dichiarato che lo stesso, sull’IVA dovuta sull’acquisto intracomunitario, non può essere punito con il diniego del diritto alla detrazione. Lo stato membro può però imporre interessi moratori, con entità che deve essere proporzionale alla gravità della violazione e non deve essere tale da vanificare, in sostanza, la detrazione.
Ancora, la Corte ha previsto che le sovvenzioni non tassabili non possono essere prese in considerazione per limitare il diritto alla detrazione, salvo che nell’ambito del calcolo pro rata. Per quanto infine concerne il rimborso dell’eccedenza, con la sentenza n. C-274/10 del 28 luglio 2011, la Corte ha censurato l’Ungheria giudicando in contrasto con la normativa comunitaria la norma nazionale che in caso di mancato pagamento dei fornitori impone al soggetto passivo di riportare più volte, nei periodi successivi, il credito IVA. Non è legittima la norma che non permette il rimborso dell’IVA a credito, procrastinandone il riporto a nuovo, nell’ipotesi in cui non siano stati pagati i fornitori.