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Evasione, legittime le indagini sui familiari dei soci

L’evasione fiscale è un argomento attuale come non mai, dunque si può ben capire l’importanza di una delle ultime sentenze della Corte di Cassazione: secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, i sospetti relativi all’evasione dell’Iva possono comportare la richiesta alle banche dell’accesso ai rapporti intestati a una società di capitali, ma anche a tutti quei conti e quei depositi che sono intestati ai soci, perfino quelli non amministratori. Nell’ipotesi, poi, di una componente sociale non molto allargata, allora le indagini finanziarie possono arrivare a coinvolgere i familiari dei soci in questione.

La pronuncia degli ermellini, la numero 12624 dello scorso 20 luglio, si è resa necessaria alla luce di alcuni avvisi di accertamento che sono stati emessi nel periodo compreso tra il 1990 e il 1993. Volendo essere ancora più precisi, le notifiche hanno riguardato due soci di una società capitalistica, la quale era controllata per il sospetto di evasione dell’Imposta sul Valore Aggiunto, a causa di operazioni inesistenti dal punto di vista soggettivo. I contribuenti hanno quindi proposto un apposito ricorso, il quale è stato immediatamente accolto. Tale sentenza, però, è stata riformata, tanto che la Commissione Tributaria Regionale ha provveduto ad accogliere gli appelli della nostra amministrazione finanziaria, spiegando come gli avvisi fossero del tutto legittimi. Si è quindi giunti al ricorso per Cassazione.

Secondo i contribuenti stessi, infatti, le alternative da percorrere non potevano che essere due: si tratta dell’imputazione alla società delle somme risultanti dai conti correnti, nonostante l’assenza dell’intestazione reale del conto alla persona fisica, oppure della riferibilità delle somme alla società. La Cassazione ha scelto di accogliere le tesi dell’Agenzia delle Entrate, affrontando soprattutto l’argomento della legittimità delle indagini finanziarie in caso di estensione a soggetti diversi dal contribuente. Non esiste infatti alcun vincolo in questo senso, nemmeno la subordinazione alla dimostrazione che le somme sui conti dei soci devono essere nella disponibilità esclusiva della società.

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