L’incremento dell’aliquota sull’imposta sul valore aggiunto dal 20% al 21% ha prodotto un inatteso calo del gettito fiscale. Complice la diminuzione dei consumi da una parte, e l’aumento di alcuni settori di evasione, nel corso del periodo gennaio / maggio 2012 il gettito Iva lorda è stato pari a 42,3 miliardi di euro, contro i 42,7 miliardi di euro dello stesso periodo dello scorso anno, con una variazione negativa che supera il punto percentuale (in termini assoluti, circa 467 milioni di euro).
Il dato va letto in maniera discretamente approfondita: contrariamente a quanto si possa ritenere in via superficiale, la recessione non è la determinante principale della contrazione del gettito Iva, dal momento che l’Iva si applica al valore monetario delle merci e dei servizi, e non solamente alle quantità vendute. Ne deriva che nel corso del 2011, ad esempio, i consumi finali delle famiglie sono cresciuti di 30 miliardi di euro rispetto al 2010, e l’Iva netta è diminuita di 2,5 miliardi. Nel primo trimestre 2012, i consumi delle famiglie sono cresciuti di un miliardo di euro rispetto al 2011, e l’Iva netta è contestualmente calata di 789 milioni di euro.
Alla luce di quanto sopra, e tanto altro, l’aumento dell’aliquota Iva si è tradotto in una misura inefficace e, per certi versi, persino controproducente, visto che ha fatto crescere lo stimolo verso alcuni settori di evasione fiscale.
Il rinvio al 2013 del nuovo aumento sulle aliquote ordinarie potrebbe pertanto esser molto gradito per cercare di fare il punto su quanto accaduto con l’apprezzamento di un punto percentuale, ed evitare di incappare negli stessi errori. L’impressione è che per migliorare il gettito fiscale Iva si debba procedere in maniera più accorta, rimuovendo le storture del sistema fiscale, piuttosto che agire in maniera univoca con le leve delle aliquote.