La giornata di ieri si è caratterizzata per l’attesa approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del cosiddetto Decreto Sviluppo: i punti discussi e affrontati sono diversi, ma ci si può soffermare soprattutto su uno molto interessante che ha a che fare con l’ambito fiscale. Si tratta del ripristino dell’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) per quel che riguarda le costruzioni che le imprese del settore edile intendono cedere oltre la scadenza di cinque anni. Fino ad ora, infatti, la legge consentiva di realizzare delle vendite entro dei limiti ben precisi. Nello specifico, le vendite e le locazioni posti in essere da queste stesse aziende in merito alle nuove costruzioni ad uso abitativo e superiori al termine di cinque anni sono riuscite a beneficiare dell’esenzione tributaria, tanto da rendere impossibile alle compagnie coinvolte di compensare l’Iva che è stata pagata per dar vita all’opera in questione.
Con il Decreto Sviluppo, invece, si cambia e il limite temporale quinquennale non ha più ragione di esistere in quanto abolito. In questa maniera, la compensazione fiscale diventa possibile e realizzabile in ogni momento. Tra l’altro, si è voluto risolvere un problema importante, il quale prevedeva il carico dell’Iva stessa interamente sugli imprenditori del settore edile. Già due anni fa ci si era occupati dell’imposta applicata al settore in questione, con la Finanziaria del 2010 che aveva dettato le regole relative all’aliquota ridotta. In questo caso, infatti, bisogna pur sempre distinguere tra i beni finiti e le materie prime.
Nel primo caso si sta parlando di beni che non perdono mai il loro requisito dell’individualità: gli esempi più classici sono quelli degli ascensori, dei montacarichi, degli infissi e dei sanitari per il bagno. Tutti gli altri materiali sono invece da considerarsi della materie prime, quali quelli impiegati nell’industria lapidea, il polistirolo liquido oppure in granuli, i leganti, le mattonelle, i comignoli e i manufatti in gesso e cemento.
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