Un accordo Italia – Svizzera sulla trasparenza dei movimenti dei capitali non sembra vicino. Almeno stando a leggere un commento del portavoce del commissario dell’Unione Europea alla tassazione, Algirdas Semeta, di risposta alle dichiarazioni del premier italiano Mario Monti, che negli scorsi giorni aveva mostrato chiari segni di apertura nei confronti della Svizzera, raccogliendo l’interesse di ampie parti politiche.
Nell’occasione Monti aveva affermato come “un accordo sui capitali con la Svizzera, sul modello di quello di altri Paesi europei, deve avere come pre-condizione il rispetto dei trattati su lavoratori transfrontalieri, e doppia imposizione che il Canton Ticino ha sospeso unilateralmente”. Secondo Monti, l’Italia potrebbe decidere di riconsiderare l’intera materia fiscale con la Svizzera solo quando verrà risolta la vicenda dei ristorni.
Di tenore molto sintetico il comunicato del portavoce Ue, che invece si limita a ricordare: “Non siamo a conoscenza dell’intenzione di Roma di sottoscrivere un accordo bilaterale con la Svizzera in materia fiscale. Ma l’Italia, come gli altri Stati membri, non è tenuta a informarne la Commissione europea. Ci è comunque parso di capire che qualora il governo italiano dovesse sottoscrivere un accordo di questo genere, lo farebbe nel rispetto del trattati Ue”.
Pertanto, pur ricordando che l’Italia è libera di sottoscrivere intese bilaterali con la Svizzera, il portavoce della Commissione ha comunque precisato che un accordo bilaterale in materia fiscale non può includere questioni che siano già ricoperte dalla legislazione europea o siano di competenza Ue.
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“In passato abbiamo avuto qualche difficoltà con accordi bilaterali siglati con la Svizzera da parte di altri Stati membri” – conclude il comunicato – “Problemi legati al fatto che coprivano ambiti di competenza europea come la direttiva sul risparmio. Su questo fronte ci sono state ampie discussioni. Per fortuna siamo riusciti a mettere gli accordi in linea d’intesa con la normativa europea”.
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