Le tasse fanno male alla crescita economica, o quasi. A sostenerlo è stato il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, recentemente impegnato in un’audizione al Parlamento Europeo. “Un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l’aumento delle tasse” – ha dichiarato Draghi – “è sicuramente recessivo”. Un riferimento più o meno indiretto a quanto sta accadendo in Italia, confortato dal fatto che a suscitare la risposta del presidente dell’Eurotower sia stata proprio una domanda avanzata da un europarlamentare italiano.
Ad ogni modo, le dichiarazioni di Mario Draghi sono state certamente di più ampio respiro, ma tutto sommato finalizzate a sostenere che per la crescita e per il lavoro va data una priorità al rigore dei conti pubblici, che è altresì l’unica strada per ritrovare la fiducia degli investitori internazionali. Investitori che sembrano esser tornati ad affacciarsi – pur tiepidamente – sul vecchio Continente, del quale tuttavia osservano ancora con grande preoccupazione il deteriorarsi di alcune fondamentali.
Pertanto, per convincere definitivamente gli investitori a tornare a impiegare in Europa, Draghi suggerisce di stipulare un patto per la crescita, che possa susseguire al “fiscal compact” ispirato dallo stesso presidente Bce. Un patto per la crescita basato su riforme strutturali che possano “accrescere il potenziale di crescita”, come peraltro in precedenza aveva dichiarato il predecessore di Draghi alla guida dell’Eurotower, Jean-Claude Trichet, che aveva poi indicato liberalizzazioni, privatizzazioni e mercato del lavoro quali linee guida per tale obiettivo.
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Lo stesso Trichet aveva poi insistito sulla necessità di raggiungere il bilancio di pareggio entro il 2013, come effettivamente il governo Monti vuole cercare di applicare. Peccato che Trichet aveva altresì aggiunto che il pareggio di bilancio sarebbe stato perseguibile con tagli di spesa, e non – soprattutto – con nuove tasse…
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