Quanto pesano le tasse e i contributi sugli stipendi degli italiani? Sicuramente molto, sosterrà la stragrande maggioranza dei nostri lettori (e, a nostra opinione, a sostanziale ragione). Se tuttavia si vuole ridurre l’approssimazione nella risposta, si può ben dare un’occhiata a quanto affermato dal recente studio della Cgia di Mestre, seconco cui il fisco e i contributi previdenziali starebbero continuando a erogdere la quota “libera” degli stipendi e dei salari.
Secondo le analisi effettuate dal centro studi, infatti, un operaio occupato nell’industria con uno stipendio mensile netto di 1.226 euro, costerebbe al suo titolare 2.251 euro. Un importo determinato dalla sommatoria della remunerazione lorda, per 1.672 euro, e dal prelievo a carico del datore di lavoro, pari a 568 euro.
Se dalla fabbrica ci spostiamo al mondo delle scrivanie, la situazione non migliora. Un impiegato che lavora in un’azienda industriale, che porta a casa 1.620 euro, costa al suo datore di lavoro 3.050 euro, di cui 2.312 euro di retribuzione lorda e 738 euro di prelievo a carico del suo titolare.
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“Pur riconoscendo che dobbiamo potenziare la qualità della nostra organizzazione produttiva” – ha commentato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia – “non sono del tutto convinto che le aziende debbano produrre meglio e di più. Il problema è che i consumi interni sono troppo bassi. La crisi è molto pesante, soprattutto dal punto di vista occupazionale, anche perchè continuano a calare i consumi”.
“Meno si consuma” – prosegue Bortolussi – “più si sta a casa. Più si sta a casa, meno si consuma. Dobbiamo scardinare questo circolo vizioso per scongiurare di scivolare dentro una fase depressiva”. A dirlo, sembra quasi facile. Ben altri problemi saranno tuttavia relativi all’applicazione di tale auspicio, che non può che passare attraverso importanti sgravi sui redditi da lavoro.
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