Il commercialista che supporta il proprio cliente nel tentativo di evadere l’imposta sul valore aggiunto, può essere condannato come concorrente, e può pertanto subire il sequestro dei propri beni. A dirlo è una recente sentenza della Corte di cassazione, che con la pronuncia n. 13982 del 12 aprile 2012, ha confermato il sequestro per equivalente a carico di un commercialista che avevan annotato nella contabilità di un proprio cliente fatture relative a operazioni inesistenti, partecipando a una più vastsa operazione di frode fiscale.
Il commercialista si era difeso sostenendo che le somme bloccate dalle autorità nell’operazione di sequestro non erano pertinenti al reato commesso dal cliente, per il quale era stato indagato come concorrente. Una tesi difensiva, quella del commercialista, che non ha tuttavia convinto i giudici della Suprema Corte, che hanno di fatti dato il via a una pronuncia che sta già facendo discutere.
“In riferimento alla responsabilità del professionista per i reati tributari posti in essere in concorso con i propri clienti” – afferma la sentenza – “è ben possibile il concorso nell’art. 8 del d.l.gs. n. 74 del 2000, che sanziona la condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione, ed è ben possibile che il concorso nella fattispecie possa essere ascritto al consulente – professionista (nel caso qui in esame il commercialista) in base all’art. 110 c.p., con il ruolo di istigatore, non ostandovi né il disposto di cui all’art. 9 del medesimo d.lgs. Né l’eventualità che non venga realizzato l’obiettivo di evasione fiscale avuto di mira (e quindi che non si sia verificato alcun danno erariale)”.
“Per quanto attiene in particolare alla materia dei reati tributari” – aggiunge la sentenza – “è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, di somme di denaro che avrebbero dovuto essere impiegate nel pagamento dell’Iva dovuta, in quanto la confisca di somme di denaro, beni e valori è consentita anche in relazione al profitto del reato”.
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