La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 78, depositata il 5 aprile 2012, ha dato una grossa mano alle associazioni degli utenti dei servizi finanziari che nel corso degli ultimi mesi sono impegnate nelle cause sull’anatocismo bancario, il meccanismo di conteggio degli interessi sugli scoperti di conto corrente, che calcola il costo dello stesso sulla base (anche) degli interessi già maturati, e già addebitati sul rapporto bancario.

Con la nuova pronuncia, la Corte costituzionale va a modificare l’interpretazione sul termine di prescrizione dell’anatocismo bancario, allungando in maniera significativa i termini per poter presentare un ricorso su tale pratica bancaria. Ma cerchiamo di comprendere, con maggior ordine, quale era la situazione precedente, e quale è, invece, lo scenario attuale.

In precedenza, infatti, il termine di prescrizione del diritto a domandare la restituzione degli interessi anatocistici partiva dalla data di addebito degli stessi sul conto corrente. Per effetto della norma, pertanto, sarebbero stati azzerati tutti i processi iniziati prima di tale termine. Con il nuovo orientamento, invece, il termine di prescrizione decorre dalla chiusura del conto corrente, o dal pagamento solutorio: di conseguenza, sono salvi i processi in corso, ed è ancora possibile iniziare il contenzioso riferibile al tentativo risarcitorio.

Viene così a tramontare quanto asserito dal decreto 225/2010, che aveva indicato come “in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dall’annotazione stessa”, con una pronuncia che rischiava di restringere eccessivamente il termine di prescrizione per il correntista che desiderava fare causa al proprio istituto di credito per poter legittimamente riottenere gli interessi anacronistici.

Ricordiamo in merito che il termine è sempre di 10 anni, ma si conteggia a partire dalla chiusura del conto.

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