Lo aveva già fatto nel recente passato, e lo ha fatto anche negli ultimi giorni, complice un’intervista rilasciata al quotidiano Il Giornale. Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha ricordato come “sarebbe utile utilizzare per la riduzione delle imposte i proventi del recupero dell’evasione. Questo contribuirebbe a cambiare il modo di pensare, non considerando più furbo chi evade”.
Insomma, Befera ritiene che il “tesoretto” derivante dalla lotta all’evasione non possa che essere prioritariamente utilizzato per tagliare le aliquote Irpef dei lavoratori onesti: una mossa che farebbe comprendere, in maniera univoca, quanto l’esecutivo tenga al miglioramento delle condizioni di vita “fiscale” dei contribuenti virtuosi, incentivando altresì la collaborazione sociale per la riduzione di questa piaga statale.
Un’iniziativa, quella auspicata da Befera, che tuttavia non sembra potersi realizzare nel breve tempo. Appare infatti molto difficile poter stimare con certezza l’ammontare previsto degli introiti derivanti dal contrasto all’evasione e, con il premier Monti che ha adottato un atteggiamento molto prudente in tal senso, difficilmente si potrà giungere a una riduzione delle aliquote Irpef nel brevissimo termine.
Per quanto invece concerne il nuovo redditometro, Befera ha ricordato che lo strumento di nuova emanazione “non misura le spese voluttuarie o quelle indicative di ricchezza. Il fisco è a favore della ricchezza, non contro. Più si è ricchi, più si consuma, più si crea Pil, più si pagano le imposte. Ben venga chi compra grandi automobili: ha mosso l’industria e ha pagato l’Iva. Il fisco è interessato a scovare ricchezza occultata da chi non ha assolto l’obbligo tributario. Vogliamo un rapporto di fiducia con i contribuenti”.
Il nuovo redditometro è attualmente in fase di sperimentazione. Una sua prima versione “ufficiosa” dovrebbe essere licenziata entro la fine del prossimo mese di giugno.
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