Non è ancora ben chiaro cosa potrà accadere all’IVA, l’imposta sul valore aggiunto, tra un anno a questa parte. Ciò che è noto è che, in seguito alla manovra Monti, a partire dal 1 ottobre 2012 l’aliquota intermedia passerà dal 10% al 12%, mentre quella ordinaria (peraltro già ritoccata nel corso dell’ultima estate) compirà un balzo passando dal 21% al 23%.

Il vero quesito è, tuttavia, cosa accadrà il 1 gennaio 2013. Se infatti non verrà approvata una riforma (preannunciata) dei regimi fiscali agevolati, nel 2013 le aliquote verranno mantenute nelle proporzioni sopra ritoccate, per poi salire di altro mezzo punto percentuale dal 1 gennaio 2014, periodo nel quale l’aliquota intermedia dovrà esser pari al 12,5%, e quella ordinaria addirittura al 23,5%, ponendo l’Italia – probabilmente – tra i Paesi con l’imposta sul valore aggiunto più salata del vecchio Continente.

Tuttavia, nel caso in cui venga attuata la riforma dei regimi fiscali agevolati, le aliquote torneranno ai livelli originari. A dirlo è il (sottovalutato) comma 1 – quater dell’articolo 40 della manovra, che prevede che le disposizioni di aumento delle aliquote non si applichino se entro il 30 settembre 2012 siano entrate in vigore quelle leggi in grado di riordinare la spesa in materia sociale, nonché l’eliminazione e la riduzione dei regimi di esenzione, di esclusione e di favore fiscale, che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, in maniera tale da produrre effetti positivi non inferiori ai 13,119 milioni di euro per il 2013 e ai 16,400 milioni di euro per il 2014.

In termini più chiari, se il governo troverà delle coperture sufficienti e stabili, potrà probabilmente risparmiare agli italiani il perdurare di un’IVA così salata. Se – come sembra più probabile – le riforme attese non si faranno, le aliquote si consolideranno sui livelli preannunciati.

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