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Patrimoni all’estero: le tasse della manovra Monti

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Come noto, la manovra Monti ha introdotto una serie di applicazioni onerose sui patrimoni all’estero. La più “famosa” di tutte le introduzioni della riforma fiscale è certamente inerente il prelievo sui capitali scudati. Ma in realtà le modifiche all’ordinamento fiscale per quanto concerne i patrimoni esteri vanno anche al di là, abbracciando gli immobili posseduti al di fuori dei confini nazionali e i depositi regolarmente tenuti all’estero.

In particolare, la reintroduzione dell’imposta sulle case vale anche per quanto concerne gli immobili all’estero. Pertanto, i soggetti che risiedono in Italia e che detengono immobili all’estero dovranno pagare un’aliquota di 0,.76 punti percentuali sul valore dell’immobile, calcolato sulla base del valore d’acquisto o del valore di mercato. Al fine di evitare una doppia tassazione, è riconosciuto un credito d’imposta per i prelievi patrimoniali operati dallo Stato estero, tenendo conto delle varie convenzioni bilaterali in essere.

È altresì estesa alle attività finanziarie estere l’applicazione dell’imposta di bollo sui depositi, pari all’un per mille annuo per il 2012, e all’1,5 per mille dal 2013. L’applicazione della tassazione avverrà sulla base della quota di possesso e del valore di mercato del luogo in cui le attività finanziarie sono detenute (anche in questa ipotesi, con riconoscimento del meccanismo del credito d’imposta). 

Infine, quanto abbiamo definito come la più “famosa” nuova tassa sui patrimoni esteri. La manovra Monti ha infatti previsto un prelievo speciale come imposta di bollo per i capitali scudati originariamente previsto all’1,5%.

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