Italia, Grecia, Portogallo e ora anche l’Irlanda: l’innalzamento dell’aliquota dell’Iva fa proseliti e coinvolge sempre più nazioni europee, di certo non casualmente proprio quelle più in difficoltà dal punto di vista economico. L’ultimo governo ad adottare un provvedimento simile è stato quello di Dublino, quindi si può tracciare un paragone con il nostro paese. La percentuale massima di Imposta sul Valore Aggiunto è stata pari in Italia al 20% fino a pochi mesi fa, poi a partire da settembre si è puntato sulla nuova aliquota del 21% e ora l’ultima manovra finanziaria del governo Monti ha ipotizzato un ulteriore incremento fino al 23%. In Irlanda, invece, l’aliquota al 21% era presente dal 2008, poi nel 2009 è salita al 21,5% ed è ritornata nuovamente alla situazione precedente nel 2010.
Le oscillazioni sono state frequenti e torneranno ad essere protagoniste anche nel 2012, visto che a partire dal prossimo 1° gennaio l’aumento arriverà fino a ventitre punti percentuali. L’imposta in questione viene applicata tradizionalmente in relazione alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi che sono stati acquistati oppure posti in vendita per il consumo comunitario. La tendenza comune di questi ultimi tempi di crisi imperante è quella di trasferire il carico tributario dalle persone alle cose, come è appunto avvenuto nel nostro paese, mentre in Spagna il governo non è intervenuto in questa direzione.
Uno degli aumenti più sostanziosi è stato quello del Portogallo, con quattro punti percentuali aggiuntivi (come di consueto dal 19 al 23%) in appena sei mesi. In Italia, l’aliquota al 23% dovrebbe essere introdotta il 1° ottobre del 2012: l’intento è quello di coprire in maniera adeguata la clausola di salvaguardia e scongiurare a tutti i costi la riduzione automatica dei benefici fiscali. Infine, l’ultimo rialzo italiano dovrebbe essere quello del 1° gennaio del 2014, quando l’Imposta sul Valore Aggiunto salirà fino al 23,5% (sempre in base al Decreto Monti).
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