La Corte di Cassazione è intervenuta, con sentenza n. 41444 del 14 novembre 2011, sul tema delle fatture false. Secondo la Suprema Corte, non sussisterebbe il reato di dichiarazione fraudolenta (e conseguente reato con sequestro sui conti dell’imprenditore “colpevole”) nell’ipotesi di fatture soggettivamente false, ovvero di quei documenti che sono rispondenti a operazioni commerciali reali, ma con soggetti diversi.
Gli importi corrispondenti alle fatture che rientrano nella categoria di cui sopra, vanno infatti considerati comunque come costi effettivamente sopportati dall’azienda e, pertanto, l’imprenditore non può rispondere di omessa dichiarazione, ammesso che tali costi portino l’evasione al di sotto della soglia di punibilità attualmente stabilita nei 77.468,53 euro.
Quindi, in termini ancora più chiari, non è possibile configurare la dichiarazione fraudolenta perchè le fatture non erano oggettivamente false, ma erano documenti inidonei riferiti comunque a operazioni commerciali che hanno trovato riscontro nella realtà.
Nel secondo caso, invece, i costi denunciati con le fatture false avevano sì abbassato il reddito d’esercizio (con conseguente evasione dall’applicazione dell’imposta sul reddito d’esercizio), ma lo avevano fatto per pochi euro e, pertanto, rimanendo al di sotto della soglia di evasione di cui sopra.
Per quanto ovvio, diverso sarebbe invece il trattamento nel caso in cui le fatture false si riferiscano a operazioni mai realizzate sotto il profilo commerciale, e nell’ipotesi in cui l’abbassamento del reddito d’esercizio faccia configurare l’evasione oltre i limiti già ricordati.
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