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Cassazione, due sentenze sul versamento dell’Irap

A Piazza Cavour si è ampiamente discusso e dibattuto di Imposta Regionale sulle Attività Produttive: i giudici della Cassazione sono infatti intervenuti di recente, e a poca distanza di tempo, in due distinte occasioni per chiarire alcuni aspetti relativi alla disciplina dell’Irap. La prima pronuncia in questione è una ordinanza, la quale ha messo in luce come un collaboratore di uno studio legale sia obbligato al versamento del tributo proprio a causa della sua professione; nel secondo caso, nello specifico una sentenza vera e propria, la Suprema Corte ha stabilito che questa imposta non va pagata nell’ipotesi di un lavoro svolto in proprio e con pochi mezzi a disposizione. Si tratta di due decisioni importanti e che delineano una distinzione di cui bisognerà tenere conto in futuro.

Anzitutto, la prima decisione ha ribaltato il verdetto espresso in precedenza dalla Commissione Tributaria Regionale: in effetti, quest’ultima aveva stabilito che il fatto che un legale entrasse a far parte di una struttura già esistente e non essendo abituale l’esercizio della professione, fossero due motivazioni per evitare il versamento dell’Irap a questo soggetto specifico, vista l’assenza dell’autonomia. Secondo la Cassazione, invece, fare affidamento in questa maniera su uno studio legale vuol dire anche che esiste un’organizzazione, altrimenti non verrebbe ad essere realizzato nessun tipo di profitto economico.

Tra l’altro, la pronuncia precedente aveva letteralmente dimenticato i pagamenti ottenuti dal professionista, una lacuna che andava colmata. La seconda ipotesi, al contrario, ha riguardato l’attività di un piccolo imprenditore, il quale è solito sfruttare beni minimi per la propria attività, come possono esserlo il telefono cellulare o l’autovettura (l’esempio più classico e immediato è quello del tassista); in tal caso, infatti, non vi può essere che esclusione dall’Irap, dato che questi specifici esercizi imprenditoriali non sono compresi nel novero dell’imposta, ma soltanto se non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione per quel che riguarda lo svolgimento dell’attività.

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