La riduzione delle tasse sui salari, che scalderà la prossima settimana il confronto tra governo e parti sociali, avrebbe un impatto positivo sull’economia, con un rilancio dei consumi e un calo dell’inflazione. A dirlo non sono i sindacati che siederanno al tavolo con il governo, ma tre economisti della Banca d’Italia (Lorenzo Forni, Libero Monteforte e Luca Sessa) in uno studio realizzato per l’istituto centrale guidato da Mario Draghi che simula l’impatto di politiche di bilancio sull’area dell’euro. Titolo: “Effetti di equilibrio economico generale della politica fiscale: stime per l’area euro”.
Nel lavoro dei tre studiosi vengono stimati gli effetti macroeconomici della politica fiscale nel breve-medio periodo. In questo senso la conclusione è chiarissima: «Riduzioni delle imposte sul lavoro e sul consumo pari all’1% del Pil inducono un’espansione del prodotto e dei consumi compresa tra lo 0,3% e lo 0,4%». Nell’insieme – aggiungono gli economisti di via Nazionale – «gli effetti espansivi sul prodotto di riduzioni delle aliquote fiscali risultano essere assai più persistenti rispetto a quelli di aumenti di spesa».
«La riduzione delle tasse sul lavoro – emerge ancora dallo studio – favorisce anche gli investimenti, mentre il calo delle imposte sul consumo induce un aumento dei consumi stessi a scapito dell’accumulazione del capitale». Per quanto riguarda la tassazione sui redditi da capitale, poi, «una sua riduzione favorisce l’investimento e il prodotto nel lungo periodo e riduce i consumi privati nel breve; in particolare, un calo delle relative imposte pari all’1% del Pil induce nel primo anno un aumento del prodotto dello 0,4%; tale aumento permane ancora dopo tre anni. Nell’insieme, gli effetti espansivi sul prodotto di riduzioni delle aliquote fiscali risultano essere assai più persistenti rispetto a quelli di aumenti di spesa».
Diversa, invece, e ben più ridotta la spinta espansiva che può venire con aumenti di spesa nel settore pubblico. «Tra le spese, aumenti degli acquisti di beni e servizi e dei redditi da lavoro nel settore pubblico pari all’1% del Pil hanno effetti espansivi sul consumo privato che risultano lievi (tra lo 0,05% e lo 0,2% nella media del primo anno) e di breve durata (l’effetto espansivo si annulla dopo circa un anno)». Invece, «incrementi ai trasferimenti alle famiglie – si legge nello studio – mostrano un effetto lievemente maggiore. Per quanto riguarda l’impatto sul Pil, è modesto quello derivante da incrementi nei redditi da lavoro e nei trasferimenti (tra 0,2% e 0,3% nel primo anno), mentre è più significativo quello associato a incrementi degli acquisti di beni e servizi (0,9%), che costituiscono una componente di domanda».
Fonte: Ilsole24ore